Essere Mamma

La mia baby sitter parla inglese

Quando si inizia la ricerca di una babysitter, una delle domande che un genitore si pone è “Ha rilevanza il fatto che parli una lingua straniera?”. Quindi, oltre alla valutazione degli studi, della sua disponibilità a fare lavori in casa o di utilizzare auto (e patente) per il trasporto dei bambini, è sempre più frequente tra i genitori italiani l’attenzione alla lingua parlata dalla tata. Madrelingua o parlante (soprattutto) inglese, poco importa: da una ricerca condotta da Sitter Italia, sito specializzato nella ricerca di babysitter, risulta che ben il 40% degli intervistati dichiarino di essere interessati a una tata che interagisca coi figli in una lingua straniera. Tale percentuale sembra un dato inaspettato visto che la maggior parte degli italiani non è in grado di sostenere una conversazione in inglese fluente. Eppure proprio per questo, e anche per il fatto che i bimbi italiani non abbiano molte possibilità di apprendimento di altre lingue, i genitori si rivolgono sempre più a candidati parlanti una lingua straniera. In effetti non c’è che da essere d’accordo: considerando che la capacità di apprendimento, linguistico e non solo, in un bimbo sia altamente superiore a quella di un adulto, meglio sfruttare il momento. Secondo vari studi, per arrivare ad un linguaggio bilingue, almeno il 20% della comunicazione verso il bambino dovrebbe essere fatta nella seconda lingua. Se un piccolo interagisce ogni giorno due ore e mezza/tre ore al giorno con un interlocutore che non parla italiano, questa stimolazione così individualizzata avrà certo un impatto notevole. Tanto più considerando che i bambini bilingui paiono acquisire una maggiore flessibilità mentale, una maggiore capacità di eseguire diversi compiti contemporaneamente, più attenzione, più strutture per imparare a leggere e scrivere e poi studiare altre lingue ancora.

Un investimento per il futuro dei nostri figli insomma.

 

 

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